Genere, il divario che ci fa perdere la partita

 

8 marzo, le mimose vanno bene purché servano a ricordare quanto la disparità di genere sia profonda e penalizzante per lo sviluppo, non solo economico, di ogni Paese. Una questione che riguarda molto da vicino l’Italia, visto che vantiamo il secondo più basso tasso di occupazione femminile in Europa e, a braccetto con Grecia e Repubblica Ceca, paghiamo il maggior differenziale di genere nel mondo del lavoro con 16-18 punti percentuali.

Con uno squilibrio così è come cominciare deliberatamente una partita di calcio in dieci, anzi, in sei, visto che le donne rappresentano quasi la metà della popolazione mondiale. Non si può nemmeno immaginare di vincere.

Uno squilibrio ancora più incredibile se si pensa che le donne italiane sono mediamente più istruite degli uomini: il 53,8% ha un diploma o una laurea a fronte del 49,2 degli uomini. Tornando alla metafora calcistica, l’Italia decide di scendere in campo senza i suoi fuoriclasse, che fra l’altro si allenano mediamente di più dei compagni di squadra maschi: se si guarda alla popolazione in età attiva, la settimana lavorativa media, considerando sia il lavoro retribuito sia quello familiare, è di 39 ore e 30 minuti per gli uomini e di 46 ore e 52 minuti per le donne (pag 11-12, Il gusto per le cose giuste. Lettera alla generazione Z, Mondadori 2017).

Autore dell'articolo: Segreteria